Immigrare. Le mie riflessioni rientrando nella mia terra.
- Andrea Boi
- 3 set 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 20 ago 2023

Non me ne vogliano le “bandiere a qualunque costo” mi sento sardo almeno quanto voi. Inizia così la mia riflessione a pochi giorni dalla ripartenza. Si dice che per conoscere e giudicare meglio qualcosa la si debba osservare dall’esterno.
Se infatti diventi parte del sistema rischi di diventare miope e pur guardando le cose con attenzione ti diventa difficile osservarle con occhi critici. Quando un sardo decide di immigrare non lo fa mai a cuor leggero. Rivedere la propria terra è stato fantastico. Questa vacanza mi ha ricordato quando sia bella la Sardegna, ad incominciare dal suo mare e dalle sue spiagge. Spesso turisticamente incontaminate, per scelta o per incapacità, sono la prova indiscutibile che abbiamo ricevuto in dote un grande territorio. Una terra gloriosa, quella tramandatoci dai nostri avi, gli stessi che oggi si rivolterebbero nelle tombe se vedessero i segni della mala gestione dilagante. Queste sono alcune delle cose che mi hanno lasciato esterrefatto.
Sono troppi i rifiuti sparsi nel territorio. Sono quasi ovunque e percorrendo le strade del Sulcis e del Cagliaritano, così come ho fatto io, è innegabile che spesso si trasformino in attori e testimoni indecenti per la nostra isola. Sono nelle strade principali ma anche nelle campagne, quelle oramai abbandonate, d’altronde si sa, lavorare la terra è faticoso. A proposito di terra, dove sono le alternative per i giovani, che fine hanno fanno i percettori del reddito di cittadinanza? Non sarebbe meglio tornare ad investire nell’agricoltura anziché giustificare tutto e tutti accettando che un sussidio diventi una giustificazione a non lavorare? Avrei anche voluto raccogliere delle foto di alcune discariche ma non l’ho fatto per rispetto di chi mi legge ma le prove sono la fuori, innegabilmente visibili a tutti.

Quintali di rifiuti, plastica, vetro e pneumatici usati, ma anche di oggetti più recenti come le mascherine facciali. Discariche a cielo aperto che non sono solo nocive alla salute ma che rischiano d'inasprire drammaticamente il global warming già in atto, come dimostrato dalle temperature record registrate quest’estate non solo in Italia ma in tutto il mondo. I rifiuti si mescolano alla malagestione della cosa pubblica. Dove si è nascosta la politica ovvero quanto è drammaticamente peggiorata la gestione della nostra isola?
Le strade sono piste da competizione e delle forze dell’ordine non se ne vede più neanche l’ombra. La segnaletica stradale è ormai ridotta a un reperto archeologico. Quella orizzontale, di valore puramente simbolico è cancellata in buona parte del territorio, i pedoni diventano obbiettivo indisturbato di chi scambia le strade per autodromi. La segnaletica verticale è ridotta anche peggio. I cartelli illeggibili o peggio ancora vandalizzati con scritte e segni di ogni tipo, diventano nostro malgrado la testimonianza del degrado civico di una parte della popolazione. Il vandalismo è diffuso e si mescola a un urbanistica invecchiata e trascurata, in primis dai proprietari degli immobili, come se il bello costruito dall’uomo fosse diventato accessorio alle bellezze ereditate da madre natura. Il vandalismo andrebbe punito con severità ma il garantismo si sa, ha oscurato la giustizia e con la stessa severità si dovrebbero insegnare i valori civici più essenziali e il rispetto ossequioso della cosa pubblica, perché non basta lamentarsi di chi ci governa quando noi stessi siamo incapaci di governare la nostra famiglia, insegnando ai nostri figli anche le cose più elementari.
Non ho trovato alcun segno di manutenzione in un territorio che vanta un tasso di disoccupazione fra i più alti d’Europa, nessuna volontà di riqualificare le nostre terre. Ecco, devo dirvi che ho anche provato un forte disagio nel vedere caduti in rovina quei pochi spazi verdi pensati da qualche comune, ma si sa io sono un drogato del verde; molti di questi spazi si sono ridotti a un cumulo di macerie e la dove qualche chiazza di natura ha cercato di sopravvivere, si vede il segno della sopraffazione e dell’incuria umana, come se fare seccare un aiuola o una pianta fosse una cosa di cui vantarsi. Ma il verde può sopravvivere, deve sopravvivere e una classe politica intelligente non può dimenticarlo.

Che fine hanno fatto le attività private, il piccolo commercio o gli artigiani locali? Dove sono i giovani che investono per se stessi? I nostri soldi vanno all’estero quando si spendono per acquistare online o per mantenere attività che di Italiano o Sardo hanno ben poco. Le vecchie attività sono oramai consumate da anni di crisi incessante e le nuove generazioni perpetrano consumi che durano il tempo di un pasto. Non si risparmia più e non solo perché si lavora poco ma anche a causa della trasformazione degli stili di vita. D’altronde al giorno d’oggi se non pranzi o ceni fuori casa per almeno due volte alla settimana diventi un alieno. In questo modo Cagliari e la Sardegna tutta sono diventati uno dei posti dove si aprono più ristoranti in italia. Molti di questi sono espressione di un’imprenditorialità mediocre, spesso incapace di servire pasti a prezzi normali. Molti ancora aprono perché non saprebbero cos’altro fare, inventandosi ristoratori perché “facile” e perché appunto mangiare fuori casa è diventato di moda, anche quando non si ha un mutuo da pagare. In questo modo il detto “la crisi non c’è perché i ristoranti sono sempre pieni” diventa una bugia ormai fin troppo consumata. La crisi c’è e la causa è da additare anche nel
cambiamento nei consumi.
Nessuno investe più nel futuro, tutto deve essere consumato immediatamente e così facendo viviamo seguendo il tic tac dei social, dove il tempo è segnato da un post o da una fotografia. La politica torni in scena con serietà ricordandosi del territorio anche fuori dal periodo elettorale. Mi auguro di cuore che Il buonsenso torni a illuminare le nostre vite perché se questo non avverrà in fretta, anche il territorio saprà ricordarcelo, presentandoci prima o poi un conto molto salato.
Caro Andrea sfondi una porta aperta. Credimi rincresce anche a me rileggere le tue considerazioni che sono schiette e sincere e allo stesso tempo mostrano la tua( che poi è anche la mia) delusione nel vedere lo stato comatoso della nostra regione. Se penso a tutte le volte che rientro in Sardegna da qualche viaggio, mi rendo conto di quanto siamo ben lontani dal capire il valore del terreno che di calpesta. E sai perché? Perché lo su da per scontato. Ma nulla nella vita è scontato.. è triste vedere come in Sardegna si vada all’indietro mentre il mondo cambia e si rinnova. Da noi c’è lo status quo! È triste vedere come l’ambiente sia stato devastato e non tutelato…